Quei venti secondi che a volte fanno la differenza
Lo scorso Mercoledì 7 Ottobre, poco dopo le 16, capitandomi di passare davanti ai cancelli della Scuola Elementare Oggioni di Villasanta mi sono soffermata a godermi l’uscita dei bambini e ad ascoltare il loro vocio che si mescolava ai richiami delle mamme, delle nonne, dei nonni e dei pochi papà.
È tempo di coronavirus. L’epidemia ha cambiato anche l’uscita da scuola.
Ora, le maestre, brandendo alto il cartello con il nome della classe, guidano la classe fino al cancello dove hanno a disposizione pochi minuti (e quando dico ‘pochi’ intendo veramente pochi; si contano sulle dita di mezza mano) per consegnare i bambini all’adulto venuto a prenderlo. Già, perché i bambini sono piccoli, e le maestre non li lasciano andare finché non riconoscono chi c’è al di là del cancello.
Pochi minuti, poi é il turno di un’altra classe e lo spazio deve essere lasciato libero.
Me ne stavo ad ammirare la perfetta organizzazione con cui questa Scuola é riuscita a sfruttare gli spazi diversificando i percorsi e i tempi di uscita che richiedono una buona dose di sincronizzazione non solo tra il personale della scuola ma anche tra i genitori che hanno tempi di azione strettissimi soprattutto se hanno più figli da ‘raccogliere’: non tutti gli scolari escono dallo stesso cancello, e allora capita che sia necessario affrettarsi da una parte all’altra dell’edificio ‘trascinandosi’ appresso il primo dei figli prelevato. Ammesso che frequentino la stessa scuola.
Villasanta aveva un ottimo servizio di aiuto alle famiglie orchestrato dai ‘Nonni civici’ ma, si sa, i nonni di questi tempi sono una categoria protetta. (Ma quanto ci manca il nonno ‘Batti un cinque’ che pure gli adulti obbedivano e dopo sorridevano un po’ di più!)
Me ne stavo, quindi, a guardare l’allegro scompiglio che si intricava e si scioglieva veloce nel susseguirsi delle classi in uscita, quando davanti a me si è fermata una macchina, la portiera si è spalancata e ne è uscita veloce come il fulmine una donna. ‘Torno subito!’, ha esclamato rivolta a qualcuno dentro la macchina (poi ho visto che era una bambina di 9/10 anni) e ha fatto per catapultarsi verso il cancello della scuola.
Bene! Siamo arrivati al fatto centrale di tutto il racconto.
Un vigile le si è avvicinato a passi rapidi ammonendola con assoluta severità sia nella voce che nei modi e nel volto che lì, dove aveva lasciato l’auto, non era permesso posteggiare. ‘Solo 20 secondi!’, affannata la donna indica la scuola, ‘ Prendo la bambina e... davvero neanche 20 secondi...’, ma il vigile è irremovibile. Lì non è dato parcheggiare! Poi guardando un’altra macchina posteggiata giusto mezzo metro più avanti, ‘Questa è di un handicappato’, dice quasi a giustificarsi facendo con la mano un gesto come a dire ‘chiudo un occhio...’.
Da non credere, vero?
Aggiungo che nessuna delle due macchine intralciava in alcun modo il traffico.
La donna in questione ha un attimo di incredulità, più che di incertezza, poi torna sui suoi passi.
Risale in macchina.
Mette in moto.
Mette la freccia.
Aspetta che la strada si liberi (il vigile non fa neppure il tentativo di fermare i mezzi che sopraggiungono).
Percorre meno di due metri.
Frena creando alle sue spalle un immediato ingorgo.
Punta il muso dell’auto verso l’unico parcheggio libero che si trova proprio vicino al cancello della scuola.
Fa spostare i parenti che, forse per rispettare la distanza sociale, lo hanno invaso.
Aspetta che anche la donna incinta che sta sopraggiungendo si accorga di lei e si sposti, e finalmente lei e la legge si trovano dalla stessa parte!
Altro non ho visto, ma immagino l’agitazione sua, e di sua figlia, e della maestra che non la vedevano arrivare.
Ah! Un ultimo particolare: sul sedile posteriore della macchina ho visto un seggiolino, uno di quelli per bambini piccoli. Vuoi vedere che c’era un terzo figlio da recuperare?
Che tristezza, vero, una storia così?
E allora?
Allora io ho cambiato il finale.
In questo modo:
“... davanti a me si è fermata una macchina, la portiera si è spalancata e ne è uscita veloce come il fulmine una donna. ‘Torno subito!’, ha esclamato rivolta a qualcuno dentro la macchina e ha fatto per catapultarsi verso il cancello della scuola.
Un vigile le si avvicina a passi rapidi.
‘Deve prendere un bambino a scuola?’ le chiede con un sorriso. E poi vedendola agitata aggiunge ‘Non si preoccupi, signora! Vada tranquilla! Alla sua bambina e alla sua macchina dò un’occhiata io.’ “
Ecco, una conclusione come questa mi avrebbe allargato il cuore, e la mia giornata si sarebbe conclusa con un filo di speranza e di fiducia in più.
Solo venti secondi!
A volte sono quelli che fanno la differenza.
Silvana P.
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